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Vini dell’Etna: 5 cose da sapere


Per il suo clima estremo ed il suo terroir unico, l’Etna può essere considerata “un’isola nell’isola”, con un paesaggio affascinante (che potremmo definire lunare, fatto) di vigneti piantati su terrazze in pietra lavica, allevati secondo il tradizionale metodo ad alberello, sulle pendici del vulcano attivo più alto d’Europa. Nonostante rappresentino solo il 5% della produzione vinicola siciliana, i vini dell’Etna hanno riscosso attenzione per il loro carattere vivace e la loro autenticità.  

E vino fu! le origini

La storia della viticoltura etnea è un fatto antico e moderno. I Greci furono i primi ad introdurre la vite nell’ VIII sec. A.c. Chiamavano il vino “il nettare degli dei”, e si dilettavano a berlo durante i famosi symposia (litt. “bere insieme”), banchetti che includevano musica, danze e recitazione di poesie. Per secoli i vigneti furono coltivati alle pendici dell’Etna utilizzando le stesse tecniche e gli stessi vitigni presenti sul territorio, ma il vino veniva commercializzato come “vino da tavola” per tagliare vini Francesi e Piemontesi, apportando volume ed intensità colorante.

Circa vent’anni fa l’Etna è esplosa: ci si è accorti dell’immenso potenziale dei suoi vini e molti imprenditori hanno iniziato ad affacciarsi sul panorama etneo, acquistando terreni e richiamando enologi di fama internazionale. Tra i protagonisti di questa rinascita vanno citati Andrea Franchetti dell’azienda Passopisciaro e Marco de Grazia di Tenuta delle Terre Nere, le cui aziende producono ed esportano oggi oltre 350.000 bottiglie all’anno. Nell’ultimo ventennio più di 100 produttori hanno deciso di seguire il loro esempio, offrendo interpretazioni alternative del Nerello e del Carricante, per soddisfare ogni palato.

Un terroir unico

Ci imbattiamo in questa parola ad ogni degustazione, la troviamo scritta sul retro delle etichette dei vini che acquistiamo. Ma cosa vuol dire davvero “terroir”? Il termine deriva dal latino “terra” ed indica la combinazione di suolo, clima e sapienza dell’uomo, nel creare un ambiente idoneo alla crescita della vite. E l’Etna ha un terroir davvero unico.

I suoi vigneti sono tra i più alti dell’Europa continentale – pensate che alcune contrade superano i 1000 metri di altitudine! Crescono sulle pendici di un vulcano attivo, esposti a condizioni climatiche estreme: maggiore esposizione al sole, precipitazioni da 6 a 10 volte maggiori che nel resto della Sicilia, escursioni termine oltre i 30 gradi. Ma la chiave sta nei suoi suoli, originati dalla lenta degradazione della roccia lavica in cenere e sabbia vulcanica, che conferiscono ai vini una spiccata mineralità. Tutto lavoro esclusivamente manuale, affidato alla sapienza dei viticoltori etnei.

Etna DOC dal 1968

I vini etnei sono stati i primi ad ottenere la certificazione DOC nel 1968. La zona di produzione si estende da Biancavilla a Randazzo, formando un semicerchio attorno al vulcano e comprende 21 comuni tra i 400 ed i 1.000 metri di altitudine. Il disciplinare include le varianti Etna Bianco, Etna Bianco Superiore, Etna Rosato, Etna Rosso e Riserva ed Etna Spumante. Ottenuti esclusivamente da varietà autoctone, Nerello mascalese e Nerello cappuccio per i rossi, e Carricante per i bianchi, i vini dell’Etna sono caratterizzati da una sorprendente freschezza ed una spiccata mineralità, che ricorda i pregiati vini di Borgogna. Non sorprende che negli ultimi anni, l’Etna si sia guadagnata l’appellativo di “Borgogna del Mediterraneo”. 

Il simbolo della viticoltura etnea è il Nerello Mascalase, vitigno a bacca rossa della piana di Mascali, ristretta zona agricola tra il mare e l’Etna. Al pari del suo cugino francese, il Pinot Nero, presenta un colore rosso rubino leggermente scarico, per la bassa carica antocianica, ed un caratteristico aroma di ciliegia ancora aspra, e sentori minerali, ematici, vulcanici.  Secondo il disciplinare del 1968, il Nerello Mascalese è la base dell’Etna Rosso DOC, di cui rappresenta almeno l’80% del blend, mentre il restante 20% è composto dal Nerello Cappuccio. In passato i due vitigni venivano piantati e vendemmiati insieme ed i vigneti più antichi sono ancora misti. Se chiedete ad un anziano contadino che tipo di vitigni alleva, vi risponderà semplicemente “i vitigni dell’Etna”. 

Se è vero che la maggior parte della produzione si orienta verso i Rossi, anche i Bianchi meritano una menzione particolare. Il blend include minimo 60% di Carricante – 80% per la variante Superiore, prodotto esclusivamente nell’area di Milo. Il “Pietramarina” della storica cantina Benanti ha ottenuto la nomination tra i migliori bianchi d’Italia! Vi basterà un sorso per percepirne la mineralità e scoprirne la salinità, tipica del Carricante del versante est. Provatelo all’ aperitivo, accompagnato da mandorle leggermente tostate, o in abbinamento ad una frittura di pesce, per apprezzarlo a pieno. L’Etna Bianco è un vino con uno straordinario potenziale di invecchiamento: nel tempo sviluppa quei curiosi sentori tra la pietra focaia e il petrolio, caratteristici dei Riesling.

Paesaggi etnei

Uno dei tratti più affascinanti della viticoltura etnea sono indubbiamente i suoi paesaggi: un teatro di vigneti terrazzati piantati secondo il tradizionale metodo ad alberello, sorretti da pali di castagno. I terrazzamenti in nera pietra lavica sono il tratto distintivo del territorio etneo con pendii scoscesi cinti da muri di contenimento. Anticamente la vinificazione avveniva nei “palmenti”, anch’essi realizzati in pietra lavica. Il principio era semplice: si sfruttava la gravità per produrre il vino. I “vinnignaturi” pigiavano le uve a piedi nudi ed il succo veniva canalizzato all’interno di tini di fermentazione. Infine, bucce, raspi e semi venivano pressati mediante l’uso di un grande torchio in legno, detto conzu. 

Oggigiorno i metodi di produzione sono cambiati, ed i palmenti non vengono più utilizzati per la vinificazione, ma alcuni produttori hanno deciso di restaurare le antiche strutture creando musei o moderne cantine, come ha fatto l’azienda Palmento Costanzo di Passopisciaro mediante il restauro conservativo dell’antico palmento, rivalorizzando questo elemento simbolo del paesaggio Etneo.

Vigneti Pre-filossera

Sapevate che sull’Etna si trovano alcuni dei vigneti più antichi al mondo? Forse la parola “filossera” vi dice qualcosa? Alla fine del XIX sec, l’invasione della fillossera distrusse la maggior parte dei vigneti europei, ma i terreni sabbiosi dell’Etna gli impedirono di diffondersi. I cosiddetti “vigneti prefillossera” hanno più di 100 anni, e producono vini incredibilmente sofisticati, con tannini vellutati ed un finale estremamente complesso. Siete curiosi di provarlo? Le cantine Benanti di Viagrande e Palmento Costanzo di Passopisciaro propongono delle etichette di vini prefillossera, come TOP di gamma. Non vi resta che provarlo!

Le nostre raccomandazioni:

  • Etna Doc Rosso ‘Nero di Sei’ Palmento Costanzo
  • Etna Spumante Doc Saxanigra Metodo Classico Brut Rose Destro
  • Etna Doc Bianco ‘Pianta’ Ciro Biondi 
  • Etna Rosato Graci 2018
  • Etna Rosso ‘Carusu’ Terrazze dell’Etna 

Che altro resta da dire, se non…salute!

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